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Federigo Tozzi (Siena 1883 – Roma 1920). Dopo una giovinezza caratterizzata da studi irregolari e dal rapporto conflittuale con il padre, nel 1914 si trasferisce a Roma, dove vive una intensa e breve stagione letteraria interrotta dalla morte improvvisa avvenuta per le conseguenze dell’epidemia di spagnola. Nel 1917 pubblica con Treves Bestie, ma è con la pubblicazione di Con gli occhi chiusi (1919) e di Tre croci (1920) che avviene la definitiva consacrazione. La scomparsa non ne interrompe la parabola ascendente, al punto che vengono pubblicati postumi il racconto Ricordi di un impiegato (a cura di Borgese), i romanzi Il podere e Gli egoisti, l’epistolario sentimentale Novale e il dramma L’incalco. Oltre alle opere citate, si ricordano le raccolte di novelle L’amore (1919) e Giovani (1920) e numerosi scritti critici, religiosi e teatrali. Considerato a lungo un epigono della corrente verista, è stato riconosciuto da Giacomo Debenedetti “il primo dei nostri narratori nuovi”.

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